Riceviamo e pubblichiamo il racconto di un nostro socio… “I pastori”
A fine aprile mentre stavo facendo con il mio cane (uno schnauzer gigante nero di 8 anni e di 50 kg) una gita di scialpinismo, ho avuto un incontro che vi voglio raccontare.
Era mezzogiorno ed ero in giro dalla mattina presto, facevo un percorso ad anello, mi sono fermato a mangiare e a riposare. La gita comprendeva sia dei tratti di salita e discesa da fare con gli sci ai piedi che dei tratti da fare camminando con gli sci in spalla, un bel giro di una giornata piena.
Ero sui 1750 metri di quota nelle montagne del Parco nazionale d’Abruzzo, in una zona senza boschi, un terreno ondulato di prati sassosi e collinette.
Stavo sdraiato sul prato con il canetto seduto a pochi passi da me quando ho visto passare su un sentiero che era a due o trecento metri da noi un pastore con un gregge di pecore. All’improvviso dal gregge si staccano alcuni cani e vengono nella nostra direzione. Ne conto due, tre, poi quattro, cinque, fino a sette. Il pastore vede i cani allontanarsi e venire verso di me. Li richiama, i cani non gli danno per niente retta, il pastore continua nel suo cammino, come nulla fosse, allontanandosi e uscendo fuori visuale, ha rinunciato a richiamare i cani.
I cani continuano ad avvicinarsi. Il canetto si alza in piedi e va verso di loro. Io gli urlo “stop” per fermarlo, lui si arresta, vigile, con la coda dritta e guarda i cani, che continuano ad avvicinarsi. Sono sette, quattro pastori abruzzesi e tre meticci, tutti di grosse dimensioni.
Mi alzo in piedi e mentre faccio i dieci metri per affiancarmi al canetto raccolgo dei sassi da terra. Ho preso anche le racchette da sci. I cani intanto si sono disposti a semicerchio intorno a noi, a mezzaluna, sono a una trentina di metri ormai e continuano ad avanzare, lentamente.
Il canetto è immobile accanto a me e li fissa, con la coda dritta ed una postura minacciosa, non ringhia, non abbaia, sento solo il suo brontolio cupo e minaccioso.
I cani continuano ad avvicinarsi, sono a 10-15 metri da noi, nessuno abbaia, mostrano i denti, la mezzaluna si sta stringendo intorno a noi. Io gli urlo stile primitivo ma non basta a fermarli. Continuano ad avvicinarsi, molto lentamente. Il canetto è sempre immobile, coda dritta, pronto a combattere.
A questo punto avanzo di un passo verso i cani urlando nel modo più selvaggio possibile, brandendo in una mano una racchetta da sci e ruotandola e con l’altra mano faccio il gesto di scagliare una pietra.
I cani si fermano, un primo arretra, poi un secondo, uno si gira, poi un altro, se ne vanno.
Torno a sonnecchiare sul prato e il canetto si sdraia vicino a me, tranquillo.
Qualche giorno dopo vado nel bar del paese del territorio dove c’era stato l’incontro con i cani. Parlando con alcuni amici a proposito dei cani da pastore, mi raccontano che quel gruppo di cani nei mesi passati ha ucciso tre o quattro cani, forse anche per mangiarseli.
Un mio amico ci ha anche raccontato che mentre era in montagna con un suo conoscente che aveva portato il suo cane con sé, hanno incontrato il gruppo dei cani da pastore e questi hanno isolato il cane dalle persone, hanno circondato il cane e poi attaccandolo contemporaneamente da più lati, lo hanno sbranato sotto gli occhi del proprietario e del mio amico, che hanno assistito inorriditi.
I cani da pastore non ce l’hanno fatta con il canetto, però pochi giorni dopo i veterinari gli hanno diagnosticato un tumore, un linfoma multicentrico, in stadio avanzato, estremamente aggressivo. Non c’è stato nulla da fare. Dieci giorni fa si è spento, come un interruttore. Fino a mezz’ora prima saltava e correva, poi si è accasciato, ha rifiutato il cibo e dopo alcune ore così, mentre lo portavo dal dottore, che dal paesino dove abito io dista 40 chilometri, in macchina è morto.